Ad oggi, nonostante gli enormi progressi compiuti sulla conoscenza della struttura e della funzione del muscolo, si è ancora relativamente lontani dal derivare definitivamente le equazioni costitutive che descrivono il comportamento meccanico del muscolo. Ciò è in gran parte dovuto al fatto che il muscolo scheletrico non può esercitare correttamente la sua funzione in assenza delle strutture ad esso associate. Il muscolo genera delle forze che devono essere trasmesse ad un segmento scheletrico tramite la giunzione muscolo-tendinea ed il tendine. Come recentemente ben dimostrato da James Wakeling e collaboratori, le proprietà di questi elementi strutturali possono influenzare il modo con cui un muscolo eroga forza ed il suo ruolo nella meccanica articolare, e rappresentare un potente segnale perché l’interazione tra strutture muscolo tendinee e scheletriche e l’attivazione neurale possa generare movimenti corporei fluidi, eleganti, efficaci.
Al netto di complessi tecnicismi, cosa sappiamo della meccanica di interazione tra filamenti di miosina (filamenti spessi) e quelli di actina (sottili)?
Si stima che ogni filamento spesso contenga 200-300 molecole di miosina, lunghe circa 160-170 nm e disposte in maniera tale da fornire una lunghezza totale del filamento spesso di 1.55 µm ed un diametro di 12-15 µm. La molecola di miosina può essere suddivisa in due catene pesanti e quattro catene leggere. Ciascuna catena pesante costituisce la maggior parte di una singola testa laddove le rimanenti porzioni delle due catene leggere si avvolgono tra di loro per formare una coda.
La S1 contiene i siti di legame per due catene leggere, per l’ATP e per l’actina ed è il luogo dove avviene l’idrolisi dell’ATP e il legame tra actina e miosina. La porzione HMM è nota anche come ponte trasversale dato che è questa la regione della molecola miosinica che si protende verso l’actina legandola durante la contrazione.
La trasmissione della forza dalle miofibrille richiede la presenza di speciali siti di contatto: la disposizione strutturale a questo livello è molto complessa e può coinvolgere un gran numero di proteine. Sarete interessati forse a sapere che molte di queste proteine accessorie sono state identificate grazie alla ricerca finanziata dalla fondazione Telethon. Al danno strutturale, su base genetica, di ognuna di queste proteine, si associa, purtroppo, una diversa forma di distrofia muscolare. In Italia, circa l’1% della popolazione è affetta da patologie neuromuscolari e, di queste, il 10% è rappresentato dalle distrofie.
Il filamento sottile è costituito dall’actina e da due proteine non contrattili, la tropomiosina e la troponina. Il ruolo di queste due ultime proteine è quello di impedire o, viceversa, permettere, l’interazione tra miosina ed actina. Questa interazione è quella che permette al sarcomero, dunque al muscolo, di produrre forza e movimento. In condizioni di riposo un modesto livello di legami acto-miosinici si forma e si risolve continuamente, ma cosa permette il drammatico incremento nella formazione di questi legami che avviene durante la attivazione del muscolo? Perché ciò avvenga è necessario un eccitamento, di natura elettrica, del tessuto muscolare da parte del sistema nervoso centrale. Eccitamento e contrazione del muscolo sono, dunque, accoppiati indissolubilmente. Cosa ancora più importante, il muscolo scheletrico, a differenza di quello cardiaco, non può esso stesso generare il segnale elettrico che gli serve per funzionare meccanicamente: per questo dipende dal sistema nervoso. Dunque, la produzione di forza e movimento, qualunque movimento, sono l’espressione dell’attività del nostro cervello.
In sintesi: Il termine accoppiamento eccitamento contrazione indica il processo di accoppiamento di eventi elettrici e chimici che avviene alla superficie del sarcolemma, diffonde all’interno della fibra muscolare e, in ultima analisi, porta al fenomeno meccanico della contrazione.
Si ritiene comunemente che la generazione di forza derivi dall’interazione tra filamenti spessi e sottili che caratterizza il legame tra actina e miosina. Numerosi studi sperimentali indicano che la forza è generata a livello della subunità S1 della miosina. L’esatto meccanismo di produzione della forza da parte dei ponti trasversali non è ben noto. La forza massima isometrica che un muscolo può generare dipende dal numero di ponti trasversali formati in mezza miofibrilla e dal rapporto numero di miofibrille/unità di area. La spaziatura laterale tra i filamenti di miosina non varia di molto tra muscoli diversi (circa 40 nm) e ciò sembrerebbe indicare la presenza di una qualche relazione funzionale. La spaziatura laterale dei filamenti di miosina impone il numero di filamenti presenti in una data area di sezione trasversa della miofibrilla. Il fatto che questa spaziatura si dimostri abbastanza costante è probabilmente dovuto allo spazio necessario per consentire lo scivolamento reciproco dei filamenti di actina. E’ probabile che questo spazio rappresenti un compromesso tra mantenere la distanza al minimo e consentire lo scivolamento dei filamenti. Tuttavia, ci si chiede: se la quantità di proteine contrattili è costante (a causa dei limiti imposti dalla chimica delle molecole), come può dunque aumentare il rapporto forza/area della miofibrilla? Detto in parole povere: come è possibile che la forza aumenti con l’allenamento?
L’unico modo per aumentare la forza generata dal muscolo dovrebbe essere aumentare la forza per ciascun ponte trasversale oppure allungare la banda A così da avere un maggior numero di teste di miosina per legare l’actina. In realtà il numero di ponti trasversali è pressoché costante, perché? Nel primo caso, probabilmente esiste un ottimo tra la forza (capacità di resistere) del tessuto connettivo e quella del materiale contrattile tale per cui se ci fosse più miosina, il disco Z dovrebbe essere più forte, così come la linea M ed il diametro dei filamenti sottili. Non è però possibile irrobustire le strutture elastiche, quindi se la miosina fosse più forte romperebbe tutto. La seconda ipotesi prevedrebbe che, anche negli adulti, a seguito dell’allenamento, il muscolo potrebbe aumentare la sua lunghezza, ma, come tutti sono consapevoli, arriva un’età alla quale la crescita staturale si arresta. Allora? Semplice, l’allenamento stimola (con meccanismi ancora non del tutto chiari ma sicuramente sotto il controllo del sistema endocrino e genetico), la formazione di nuovi sarcomeri in parallelo, ovvero aumenta l’area di sezione trasversa del muscolo.
Ci dirigiamo verso il termine di questa seconda puntata e, allora, mi permetto di richiamare l’attenzione sul fatto che, purtroppo, sono sempre di più le persone che cercano scorciatoie per ottenere un aumento della forza oltre il limite imposto dalla biologia normale. L’allenamento, condotto in maniera intelligente e consapevole, è il migliore sistema che abbiamo per ottenere l’ottimo di prestazione individuale. Tutto il resto, doping ormonale, doping genetico, è da considerare come un’attività criminale soprattutto per il pericolo elevatissimo per la salute di chi fa uso di questi metodi.