La forza muscolare, per essere raccontata, ha bisogno di spazio, molto più di quanto generalmente non le viene concesso.
Studiare la forza muscolare è studio del movimento umano. Aggraziato, elegante, potente, ripetuto per ore, muoversi è l’espressione della nostra intelligenza, del nostro pensare. E’ passione e lavoro, è la nostra vita ed è il più potente mezzo di comunicazione che abbiamo. Ecco perché sono appassionato del movimento e curiosissimo di conoscerne gli intimi meccanismi. Ecco perché il movimento merita tutto il nostro rispetto. Ecco perché lavorare con il movimento, per il movimento, è professione nobile e difficile, qualcuno potrebbe dire riservata a pochi. Personalmente, invece, credo che debba essere aperta a molti, a tutti coloro che amano l’esercizio fisico e lo sport e che vogliano guidare altri ad amarlo.
Il movimento è, in larga parte, appreso: mamma, papà, i nonni e chissà quanti altri, ci hanno insegnato a camminare. E prima a tenere la testa ritta sul capo, a stare seduti, a gattonare, a metterci in piedi. Quanta fatica abbiamo fatto per imparare a gestire il sistema che ci permette di esplorare il mondo. Da allora, non ci siamo più fermati. Abbiamo continuato ad apprendere nuovi, sempre più complessi movimenti. Non ci siamo limitati a copiare, abbiamo anche evoluto il “nostro” modo di muoverci, siamo stati e continuiamo ad essere creativi.
Tutto questo, tuttavia, non sarebbe possibile senza un sistema capace di generare una cosa piuttosto misteriosa che chiamiamo forza muscolare. La forza è tutto ciò che ci serve per muoverci e per muovere cose. Fermiamoci un momento a riflettere, però, su questa domanda.
Che cos’è la forza muscolare?
Nessuno lo sa, esattamente. Può essere sorprendente, forse, ma, in realtà, la nostra idea di forza si fonda sull’osservazione degli effetti che essa produce: mette in movimento i corpi o, al minimo, li deforma (il che equivale a dire che li muove seppure su piccola scala). D’altronde, il lavoro meccanico si calcola moltiplicando la forza per il movimento (spostamento) che essa produce e la potenza si ottiene dividendo il lavoro per il tempo. Tutto molto bello e sicuramente i conti tornano, ma, in assoluto, non disponiamo di una definizione puntuale della cosa che chiamiamo forza e di quella muscolare in particolare.
Lavorare sulla forza muscolare, dunque, non può essere lasciato al caso, ad un approccio, come si dice, per tentativi ed errori. E’ una questione di professionalità, se non vogliamo scomodare l’etica. Ricordiamoci, però, che vogliamo intervenire sull’uomo. Che sia sano oppure no, giovane od anziano, maschio o femmina, non fa nessuna differenza: in tutti i casi dobbiamo cercare di ridurre al minimo gli errori. Impresa molto impegnativa, visto quanto è complicata la nostra macchina biologica. Un semplice esempio può chiarire meglio quanto voglio dire: la nostra automobile è stata progettata da un ingegnere umano e, quindi, almeno in teoria, ne conosciamo tutti i dettagli costruttivi e di funzionamento. Questo è molto utile perché, da un lato, ci permette di scegliere il mezzo meccanico più adatto alle nostre esigenze: se devo arare un campo, comprerò un trattore, ma se volessi correre un gran premio, comprerò una vettura di Formula. Supponiamo che queste due vetture siano equipaggiate con motori della stessa cilindrata: sfido chiunque ad arare il campo con una Ferrari o a vincere un gran premio con un trattore. Insomma, nessuna (o molto poca) versatilità nei motori costruiti dall’uomo. Il muscolo, invece, è molto versatile: può diventare molto resistente o molto potente o una combinazione dei due, ma, attenzione, una volta che ha imparato a fare una cosa, sarà molto difficile fargli cambiare idea.
La sfida che abbiamo davanti, dunque è quella di riuscire ad allenare bene, senza traumatizzare ed ottenendo il risultato voluto: da noi, dal nostro atleta, dal nostro paziente, dal nostro cliente. Quello di cui abbiamo bisogno per questo fine sono, in realtà, poche cose. La conoscenza dell’anatomia dell’apparato locomotore (ossa, articolazioni, muscoli) umano è, ovviamente un prerequisito indispensabile. Ci vuole poi la fisiologia del muscolo, ovvero la conoscenza (se non proprio la comprensione) di come il muscolo funziona e del perché funziona come funziona. Da ultimo, ma non meno importante, dobbiamo avere ben chiaro il nostro obbiettivo di allenamento/preparazione, cioè capire come la forza muscolare può influenzare il modello prestativo. Questo sarà, in estrema sintesi, il percorso che faremo in queste puntate.
La complessità della funzione meccanica del muscolo striato scheletrico deve essere apprezzata alla luce della conoscenza della complessità architetturale del sistema. L’anatomia macroscopica ci mostra che esistono diversi tipi di muscoli quanto alla loro forma ed alla loro dimensione: più o meno grandi, più o meno lunghi e con architetture assai diverse. L’orientamento dei fasci di fibre, rispetto a quello del muscolo intero, varia tra differenti muscoli e, a questo proposito, si distinguono: muscoli fusiformi, unipennati, bipennati, triangolari, laminari. Un muscolo è costituito da molte sub unità e mostra una complessa disposizione strutturale. Macroscopicamente circondato da una fascia chiamata epimisio, è suddiviso in un numero variabile di sub unità dette fascicoli circondati, a loro volta, da propaggini dell’epimisio, il perimisio. Ogni fascicolo è costituito da fasci di fibre muscolari (cellule muscolari) avvolte da una lamina detta endomisio. Tale tipo di organizzazione comporta la compartimentalizzazione di pacchetti di fibre muscolari, e fa nascere il sospetto che pensare all’attivazione muscolare come ad un fenomeno omogeneo che investe, sia pure a diversi livelli di intensità e partecipazione, tutte le porzioni del muscolo non sia il modo più corretto di presentare le cose.
La massa delle fibre muscolari è per il 75% rappresentata da acqua. Il restante 25% è quasi completamente costituito da proteine: 30% solubili, 38% miosina, 12% actina. Le fibre muscolari sono multinucleate e i nuclei dettano la qualità e la quantità, oltre che la distribuzione, del materiale presente all’interno della fibra; le caratteristiche individuali di velocità, forza muscolare e resistenza di ciascuna fibra sono imposte dal tipo di proteine prodotte. Nel citoplasma, i mitocondri producono ATP attraverso le vie del metabolismo ossidativo. La densità mitocondriale dipende dalla specializzazione della fibra muscolare e può arrivare fino al 20% del volume della fibra nel caso delle fibre altamente ossidative. Nella fibra sono inoltre presenti altre sostanze quali glicogeno, lipidi ed enzimi.
La fibra muscolare contiene due distinti sistemi membranosi: il sistema dei tubuli trasversi (tubuli T) ed il reticolo sarcoplasmatico (RS). Tali sistemi di membrane sono nettamente separati tra loro e sono responsabili della propagazione del potenziale dalla superficie verso l’interno della fibra. All’interno delle fibre, troviamo le miofibrille che occupano il 75-85% dell’intero volume della fibra muscolare. Disposte in parallelo tra loro, sono separate le une dalle altre dal citoplasma e dagli organelli intracitoplasmatici. Le miofibrille sono fatte da una regolare successione di elementi disposti in serie, i sarcomeri, che sono l’unità anatomo-funzionale elementare del muscolo scheletrico. I sarcomeri sono, a loro volta, costituiti da una matrice regolare di filamenti proteici, miosina ed actina, disposti in parallelo e sovrapposti. Una miofibrilla ha un diametro di circa 1m: la miosina occupa il 55% del volume della miofibrilla e l’actina circa il 25%.
In conclusione: il muscolo, qualunque muscolo striato si voglia considerare, non è semplicemente fatto da elementi attivi, dispositivi cioè capaci di generare forza, ma anche da elementi passivi, viscosi ed elastici. Il modo con cui trasferiamo la forza muscolare dal muscolo all’esterno, dipende dall’interazione delle proprietà attive e passive dell’intero sistema, ma, di questo, ci occuperemo nelle prossime puntate.